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LA STORIAOltrepò Pavese
Il primo insediamento nella zona dell'Oltrepò risale a popolazioni primitive che si stanziano sulle colline e sulle pendici dell'Appennino, attirate dalle caratteristiche morfologiche e dall' invidiabile posizione strategica. Solo
nel 238 a.C., con l'arrivo dei Romani che cominciano ad aprire strade di
comunicazione, la zona diviene un importante centro di commerci che
favoriscono la nascita di numerosi nuclei urbani. La
fine dell'Impero romano lascia via libera alle popolazioni barbariche
che scendono da Nord e l'Oltrepò vede nascere, col tempo, un nuovo gruppo
etnico, frutto della fusione delle nuove genti con le antiche. Nel
periodo medievale, il frazionamento del territorio tra i vari signori
locali (Malaspina, Dal Verme, Beccaria, conti di Lomello) rende questa
terra estranea alle vicende storiche longobarde. L'Oltrepò nel 1743 viene annesso al Regno Sabaudo; nel 1859 viene ceduto all'Austria e pochi mesi più tardi diventa definitivamente italiano.
Broni Broni, chiamata anticamente Cameliomago o
Camillomagus, risulta fondata da una tribù di Liguri appartenente alla
grande famiglia dei Celti. Ma le prime notizie certe si hanno dai tempi
delle guerre puniche: infatti si parla di Broni intorno al 201 a.C. come
territorio occupato dagli avamposti di Annibale. Nel 114 a.C. il Console
Marco Emilio Scauro
fa
costruire la via Emilia e da allora questo centro assume maggiore
importanza. Sotto la dominazione romana, Broni
fa parte dell'Agro Piacentino e più tardi, sotto i Goti,
dell'Agro Ticinese, di cui Ticinum (Pavia) era capoluogo. Nel corso dei secoli Broni è teatro di saccheggi e spoliazioni (ad opera di varie
signorie: Beccaria, Aicardio, Sforza, Visconti Scaramuzze, De Manfredi);
di distruzioni (nel 1177 ad opera della Lega Lombarda); di incendi
(appiccati nel 1216 da Milanesi e Piacentini in guerra contro i Pavesi ed
i loro alleati e nel 1372 dalle truppe mercenarie del condottiero inglese
Giovanni Acuto); subisce inoltre carestie, pestilenze (1575-1576 e
1630-31), inondazioni e siccità. Il 1249 è un anno di importanza fondamentale per la
storia di Broni: il 16 aprile vi muore Contardo principe d'Este,
pellegrino diretto a San Giacomo di Compostella, in Spagna: in seguito ad
eventi miracolosi, proclamato santo, Contardo viene eletto Patrono
di Broni. Solo nella seconda metà del 1600 Broni conosce un
periodo di graduale ripresa: l'economia rifiorisce, la popolazione aumenta
e la cittadina Broni diventa, dopo Voghera e Stradella, il terzo borgo dell'Oltrepò Pavese per ordine
d'importanza e per numero di abitanti. Nel 1700 l'intera Lombardia passa dal governo
spagnolo a quello austriaco; l'amministrazione diventa più ordinata ed
efficiente; ne risente favorevolmente anche l'agricoltura: la
viticoltura delle colline bronesi diventa intensiva e razionale e tale da
poter rifornire buona parte del mercato vinicolo milanese. Con il trattato di Worms, del 1743, Broni fa
parte del Regno di Sardegna diventandone l'ultima postazione;
successivamente passa al Ducato di Parma. Nel
1801 Broni
diviene sede di Sottoprefettura, a testimonianza della sua importanza
rispetto ad altri paesi dell'Oltrepò; nel 1815 la Provincia di
Voghera, con tutto l'Oltrepò
Pavese e Broni, torna a far parte del Regno di Sardegna; infine, nel 1861, con la proclamazione
del Regno d'Italia, passa definitivamente alla Provincia di Pavia. Dopo la prima guerra mondiale, Broni ritorna attiva e
fiorente cittadina, all'avanguardia per i suoi mercati e le sue fiere di
tradizione secolare, nodo di comunicazione tra l'Italia nord occidentale e quella
centrale.
La nostra famiglia
Fin dagli inizi del 1900 la famiglia Scovenna produce
vini genuini e di alta qualità. L'azienda si sviluppa negli anni
Trenta, grazie a Carlo Scovenna, dotato di un invidiabile palato (pregio
riconosciutogli ampiamente anche dai concorrenti), che gli permette di
produrre vini di assoluta qualità e unicità e ottenere molteplici
diplomi ed attestati. Negli ultimi anni l'azienda produce vini ottenuti
esclusivamente dalle migliori uve delle proprie vigne inerbite e
opportunamente invecchiati in botti di legno.
La cantinaNella nostra cantina si possono trovare anche botti secolari da 35q ormai in disuso; altre botti sono state restaurate e trasportate nella nuova cantina. Tutte venivano usate quando producevamo molto vino, pigiando non solo uve delle nostre vigne ma anche uve comperate da viticoltori della zona: le uve migliori venivano pigiate a parte per il vino da bottiglia, mentre, con le altre, veniva prodotto vino da pasto. Si usava anche il torchio con il quale si otteneva il "torchiato", vino leggero bevuto in famiglia. Attualmente la nostra attività è tutta incentrata sulla produzione di vino di qualità: scegliamo e pigiamo solo le migliori uve delle nostre vigne.
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